Una delle più antiche testimonianze delle tradizioni popolari di Cefalù è senza dubbio ‘a Fruottula. Essa ci è stata trasmessa, attraverso il succedersi delle generazioni, mantenendo immutato il suo genuino gusto popolare.
‘A Fruottula è oggi una sorta di processione profana, nella quale non è prevista la partecipazione del Clero, costituita da una teoria di composizioni floreali precedute dagli antichi stendardi della Corporazione dei viddani (Contadini). E’ guidata dal tammurinaru (suonatore di tamburo), che con il ritmico rullio del suo grande strumento annuncia l’arrivo del corteo, costituito quasi sempre da uno stuolo di bimbi. Con un pane, cucciddatu (si chiama così ogni sorta di pane o dolciume in forma di ciambella), legato all’estremità di un bastone, essi, inneggiando al prezioso frutto della terra, precedono un fercolo riproducente un ostensorio, alcuni alberi – ai cui rami sono appesi frutti primaticci – e altre composizioni, tutte rigorosamente realizzate con piante e fiori, il cui tema è affidato agli organizzatori del momento. Le figurazioni più ricorrenti rappresentano colombe, asinelli, mietitori, la Cattedrale di Cefalù; si ricorda un’edizione, quella del 1925, nella quale fu riprodotto un aereo.
La Fruottula, che viene anche chiamata La Festa del Pane, costituisce il retaggio dell’antica festa delle Maestrauze e delle Corporazioni e oggi precede di un giorno la Festa del Corpus Domini, della quale anticamente era parte integrante. In quella occasione i contadini indossavano un abito che li contraddistingueva: vestito nero, guanti e camicia bianchi, farfalla e bombetta nere. L’abito contadino da lavoro veniva indossato soltanto da uno di loro che, in edizioni del dopoguerra, con falce e spighe, apriva il corteo inneggiando al pane.
L’antica festa delle Maestranze, chiamata l’Ottava del Corpus Domini, cominciava con la festa del Corpus Domini, che cadeva due mesi meno un giorno dopo la Pasqua, sempre di giovedì, e aveva la durata di otto giorni. Essa prevedeva un calendario, codificato nel tempo, che assegnava ad ogni Maestranza o Corporazione un giornata di autocelebrazione. Le notizie più antiche su questa festa tradizionale ci vengono fornite dal poeta popolare cefaludese Carmine Papa che, in una sua poesia (La vinuta di Monsignuri Blunnu a Cefalù a lu 1858 in Poesie siciliane edite ed inedite di Carmine Papa, Cefalù,1892, XVI, p. 49), cita quei pochi frutti adurnati di ciuri; il Sac. Cristoforo Grisanti così commenta: II poeta allude ad uno dei così detti alberi, che in ogni anno questi contadini sogliono comporre di varie forme, con fiori e frutta, la Domenica immediata a la festa del Corpus Domini, e, quali primizie della nuova raccolta, menare in gran festa e in lungo ordine per la città.
A detta di Giuseppe Pitrè (Cartelli, Pasquinate, Canti, Leggende, Usi del popolo Siciliano,1913, p. 258), gli alberi del pane, in un’edizione rimasta memorabile, formarono quasi una foresta nella piazza del Duomo, trasformata per l’occasione in teatro della festa ed illuminata ogni sera in un modo differente a cura delle diverse Maestranze, a turno impegnate ad “oscurarsi” vicendevolmente.
Il Pitrè sottolinea che, mentre in altre città la festa del Corpus Domini aveva una sola processione, a Cefalù, invece, se ne facevano ben otto, una per ogni Maestranza, secondo un preciso ordine: 1° giorno – Giovedì – Mastri Nichi (maestri d’infimo ordine). 2° giorno – Venerdì – Vastasi (facchini). 3° giorno – Sabato – Pescatori. 4° giorno – Domenica -Villani (Contadini). 5° giorno – Lunedì – Marinai di Rivela ( coloro che si imbarcavano sui bastimenti, n.d.a.). In questo giorno si organizzava ‘a ‘ntinna a mari (l’albero della cuccagna a mare). 6° giorno – Martedì-Parrini (sacerdoti, n.d.a.). 7° giorno – Mercoledì – Galantuomini (ceto civile). In questo giorno si organizzava ‘a cursa ri sciecchi (la corsa degli asini), una strana gara che vedeva i concorrenti gareggiare sugli asini dei concorrenti avversari. Vinceva chi arrivava ultimo. 8° giorno – Giovedì – Mastri Granni (maestri, n.d.a.).
Ogni gruppo, continua il Pitrè, cercava di rendere più solenne il giorno assegnatogli e, tra le molte figurazioni della sfilata dei Contadini, cita un ostensorio di pane nuovo (realizzato col frumento del recente raccolto), circondato dalle più belle spighe dell’ultima messe. Man mano che veniva meno l’importanza di alcune maestranze, alcuni giorni dell’Ottava restavano privi dei relativi festeggiamenti, fino a quando l’unica maestranza rimasta fu quella dei Viddani (Contadini).
Il vocabolo “fruottula” è un termine che, in generale, nel vernacolo siciliano, sta ad indicare una poesia composta per essere musicata; in particolare, a Cefalù, ha sempre indicato una poesia musicabile costituita da una sequenza continua di tre versi: due ottonari a rima baciata ed un senario che non fa rima né con i versi che lo precedono né con quelli che gli succedono. Tale composizione, cantata da un solista o da un coro, trattava talvolta temi profani, spesso satirici e irriverenti, ma nella quasi totalità dei casi svolgeva temi religiosi, raccontando la vita dei Santi o esaltando la gloria del Signore. La fruottula si eseguiva in corteo e trovava posto nelle processioni religiose, persino in quelle dedicate al Patrono, come si riscontra in Cefalù per il SS. Salvatore, a Palermo per Santa Rosalia e come avviene a Catania per Sant’Agata (DI LEO – Feste patronali di Sicilia, Newton,1997, p. 65) . Il termine fruottula passò poi ad indicare l’Ottava, la manifestazione nella quale a Cefalù si perpetuò a lungo l’uso di quel canto, che, come ricordano gli anziani, veniva proposto ad ogni punta ri cantuniera.
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