La figura di Leoluca, venerata dai corleonesi quale protettore contro i terremoti, nato tra l’815 e l’816, cioè alla vigilia della conquista musulmana dell’Isola, non è stata ancora delineata nei suoi caratteri peculiari. “La leggenda ricorda che fosse giovinetto e di agiata condizione, sapendo – cosa allora non comune – leggere e scrivere. Era però un pastore, che guidava le sue pecorelle. Per un certo periodo di tempo vagò per i boschi calabri, credendo partito migliore – vivere da eremita, ma poi, per consiglio altrui, si ricredette e cercò un convento, che lo ricoverasse”. Don Giovanni Coletto (1881 – 1953) parla anche di una sua formazione presso i Basiliani di S. Filippo di Agira, di una visita alla tomba di S. Pietro a Roma, dì un soggiorno presso i Basiliani di Mola, ove fu Abate del convento e poi a Monteleone Calabro (oggi Vibo Valentia) ove morì, centenario, intorno al 915 – 918. In epoca normanna i corleonesi riscoprirono il loro illustre figlio e ne fecero compilare la leggenda, attinta alle memorie rimaste in terra di Calabria, premettendo al nome monacale Luca quello di battesimo Leone. Il Santo viene festeggiato solennemente giorno 1 marzo, con una processione lungo le vie cittadine e l’accensione di grandi e piccoli falò, realizzati da parte dei ragazzi utilizzando rami, legna e paglia.
Un’altra festa del tutto particolare, detta Cursa di Santu Luca, si celebra l’ultima domenica di maggio, a ricordo della leggenda che vuole la città di Corleone risparmiata dalle ire borboniche nei fatti rivoluzionari del 1860. Durante la festa si si svolge la corsa del santo accompagnato da Sant’Antonio. Le due statue affiancate vengono portate fino alle porte del paese e poi in processione ritornano al punto di partenza dove i due santi si salutano con l’inchinata.
La sera del 1° marzo Corleone si infiamma con le luminiane, grandi e piccoli falò, che si accendono al passaggio del simulacro del santo patrono per le vie della città. Questo per ricordare un miracolo operato dal santo: “…Era ancora novizio, quando il Signore volle manifestare i suoi segni per mezzo del giovane Leone. Dovendo rifornirsi di legna il convento, Leone si era recato in compagnia di alcuni frati nel bosco vicino. Mentre ognuno preparava la sua fascina, il giovane novizio, pieno di entusiasmo e spirito di carità, fidando nella sua prestanza e robustezza, affastellò tanta legna che, al momento di caricarsela sulle spalle, risultò superiore alle sue forze. Subito divise la legna in due parti, pensando di portarne prima un fascio e poi ritornare a prendere l’altro. Ma, partito dal bosco con il suo carico, i compagni meravigliati videro che l’altro fascio si muoveva da solo sospeso al suo fianco….”
I giorni antecedenti al primo marzo grandi e piccoli si danno un gran da fare per raccogliere gli scarti delle recenti potature, ulivi in particolare. Tutto quello che si raccoglie si ammassa in cumuli più o meno grandi a seconda dello spazio e del posto dove dovrà essere accesa “a luminiana”. Al passaggio del simulacro di San Leoluca in prossimità della “luminiana” si accendono le stesse, in ricordo il miracolo delle fascine di legna. Il ricordo di questo miracolo da lungo tempo si intreccia tra fede e tradizione, colorando la città di rosso fuoco e di un fumo acre.
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