Festa di San Giuseppe a Ramacca

LA FESTA DI SAN GIUSEPPE PATRONO DI RAMACCA: TRADIZIONI E CELEBRAZIONI

L’uso di mettersi sotto la protezione di una “divinità” nelle città era molto antico. Presso i greci era diffusissimo: Giunone era protettrice di Sparta, Argo, Samo, Minerva di Atene, etc. Questa usanza continuò poi col cristianesimo ed il fenomeno raggiunse una diffusione tale da essere regolamentato da norme religiose e per questo venne fondata la congregazione dei riti. Il 23 Marzo 1630 vennero emanate, per ordine di Urbano VII, le norme su come scegliersi il patrono, le persone che potevano sceglierlo, come effettuare la scelta, ed i doveri ad esso dovuti.

Ramacca aveva in quel periodo due patroni: la Madonna della Natività e S. Giuseppe. Il fatto che vi fossero due patroni dovrebbe derivare da un compromesso tra il Principe e la cittadinanza. Quasi sicuramente la scelta del patrono S. Giuseppe è da attribuirsi al Principe Gravina ed è certo che i ramacchesi hanno dovuto accettare la sua imposizione.

  1. Giuseppe in molte parti della Sicilia è il patrono delle “schette” cioè le ragazze da marito, inoltre è anche il protettore degli indigenti e di quanti sperano nella sua opera benefica « il santo a cui si rivolgono i devoti di ogni ceto e condizione sociale».

A Ramacca i festeggiamenti in onore del Santo Patrono sono articolati in due momenti differenti: il 19 marzo e la prima domenica di luglio.

Il 19 marzo vengono allestiti gli “Altari”, grandi tavolate imbandite dai devoti per una grazie ricevuta, sulle quali vengono sistemate ad arte pietanze di tutti i tipi, le frittate, i biscotti, i dolci e le tradizionali forme di pane di Ramacca. La tavolata viene divisa in due parti uguali e simmetriche, di cui una parte viene consumata il giorno stesso dai “Tri Pirsuni”, rappresentanti la Sacra Famiglia di Nazareth, e l’altra parte dagli amici e parenti del devoto.

Questa rappresenta un’occasione per aiutare le famiglie disagiate della nostra città, “I Tri Pirsuni”, infatti, vengono scelti tra le famiglie più bisognose della comunità, questi, devono assaggiare ognuna delle innumerevoli portate, mentre i partecipanti inneggiano a gran voce al Santo “Viva U Patriarca San Giuseppe”. Metà della tavolata, come detto prima, verrà consumata e portata a casa dai “Tri Pirsuni”, mentre la rimanente parte verrà consumata dalla famiglia che ha allestito l’altare, dai parenti ed amici invitati per l’occasione o che hanno partecipato alla preparazione delle vivande.

Un significato importante viene attribuito anche al pane sacro che nelle sue diverse forme rappresenta: la “Cuddura” raffigura l’universo, il “Cuore fatto con tre pani” rappresentante la Trinità, la “Mano con l’anello” simboleggia la mano benedicente di Gesù e l’anello sottolinea la sua regalità, la “Treccia” dedicata alla Madonna, il “Bastone fiorito” simboleggia S. Giuseppe.

E’ questa una delle tradizioni più belle e sentite nel paese, che unisce ritualità e simbologia secolare, solidarietà comunitaria, ospitalità. La sera del 18 marzo è tradizione visitare gli altari di S. Giuseppe in tutte le case che per l’occasione sono aperte fino a tarda ora ad accogliere tutti i visitatori.

La mattina del 19 marzo viene celebrata nella chiesa Matrice la Santa Messa, in onore del Patrono, a cui partecipano tutti i fedeli, le autorità civili e militari e in modo particolare una famiglia che simbolicamente si offre per rappresentare la Famiglia di Nazareth.

La scelta di una famiglia a caso è nata per una questione di riservatezza nei confronti di coloro che vivono in uno stato di povertà, di bisogno economico e di disagio sociale.

La cerimonia continua con un corteo che in processione, dalla chiesa Matrice, si dirige in Piazza Umberto dove viene allestito, dal Comitato Festeggiamenti di San Giuseppe, con le offerte e i contributi dei privati cittadini, un grande altare.

Il pranzo in Piazza Umberto viene consumato dalla famiglia che rappresenta la Sacra Famiglia di Nazareth, il resto degli alimenti viene diviso a tre famiglie povere e a tutti i presenti viene offerta la tipica pasta co’ maccu (pasta con lenticchie e purea di fave) ed il pane tipico di San Giuseppe.

Nel pomeriggio viene preparata un’ asta pubblica e tutte le offerte in natura vengono messe al pubblico incanto; si ripete così una tradizione fatta di linguaggi, gestualità e furbizia contadina che ci è stata tramandata di generazione in generazione. Il ricavato dell’asta viene donato alle famiglie bisognose.

Poiché, offrire l’altare tradizionale è molto costoso, esso può essere sostituito dall’offerta di pane rituale, o dall’usanza dei “Virgineddi”, cioé nell’invitare ad un pranzo a base di pasta co’ maccu, frittate e polpettine di verdura di campagna, un gruppo di bambini/e, sempre in numero dispari; alla fine del pranzo questi ricevono in dono una forma di pane sacro, una bella arancia, un finocchio dolce, una lattuga fresca.

San Giuseppe viene onorato, inoltre, dai ramacchesi con una spettacolare processione che si tiene sia il 19 marzo che la prima domenica del mese di luglio.

Il fercolo, che percorre le vie principali della cittadina, viene trainato con grosse corde dalla gioventù ramacchese, seguito dalle autorità del paese e da tutti i devoti e preceduto dalle cosiddette “Torce”: ceroni abbelliti con fiori di carta crespa variopinta che rappresenta il “Bastone Fiorito di San Giuseppe”.

In quanto spettacolo, la festa ha: canti, suoni, gare sportive, bande musicali e giochi pirotecnici, che chiamano al natio paese tutti i ramacchesi che per lavoro si trovano lontano e fa sì che il cuore di costoro gioisca, dando loro un po’ di serenità, di felicità, d’intimità, poiché in loro è tanto vivo il senso di fratellanza, di tradizione e di sentimento religioso.

Il 18 e 19 marzo la città siciliana di Ramacca (CT) festeggia San Giuseppe con grandi tavole imbandite per le grazie ricevute. La devozione a San Giuseppe ha radici antichissime, infatti, fin dalla fondazione della città, in ramacchesi hanno voluto rifugiarsi sotto il suo manto protettore, facendolo Patrono. I festeggiamenti in onore del Santo sono articolati in due momenti differenti: il 19 marzo e la seconda domenica di settembre.

Gli altari, sono grandi “Tavolate” imbandite dai devoti per una grazie ricevuta, sulle quali vengono sistemate ad arte, pietanze di tutti i tipi, tra le quali non possono mancare, le frittate, i biscotti , i dolci e le tradizionali forme di pane di Ramacca. La tavolata viene divisa in due parti uguali, di cui una viene consumata il giorno stesso da “i tri pirsuni”, rappresentanti la Sacra Famiglia di Nazareth, e l’altra dagli amici e parenti del devoto. Questa rappresenta un’occasione per aiutare le famiglie disagiate della nostre città, “i tri pirsuni” infatti vengono scelti tra le famiglie più povere della nostra comunità, questi, devono assaggiare ognuna delle innumerevoli portate (con i partecipanti che inneggiano a gran voce al Santo e alla Sacra Famiglia), e che alla fine del pasto avranno in dono metà dei cibi disposti a tavola. Il resto va alla famiglia che ha allestito l’altare e a parenti ed amici invitati per l’occasione o che hanno partecipato alla preparazione delle vivande il pane sacro di varie forme (a cuddura, a forma di anello, il cuore simboleggiante la Sacra Famiglia, la palma dedicata alla Madonna, bastone fiorito di S. Giuseppe) occupa un posto importante negli altari. E’ questa una delle tradizioni più belle e sentite nel paese, che unisce ritualità e simbologia secolare, solidarietà comunitaria, ospitalità.

La sera del 18 marzo è tradizione visitare gli altari di S. Giuseppe in tutte le case che per l’occasione sono aperte fino a tarda ora ad accogliere tutti i visitatori. Il 19 marzo un grande altare viene allestito nella piazza principale con le offerte e i contributi dei privati cittadini, e a tutti i presenti viene offerta la tipica pasta co’ maccu (pasta con lenticchie e purea di fave). Tre poverelli rappresentanti S. Giuseppe, la Madonna e il bambino Gesù sono invitati a consumare il pranzo rituale, e nel pomeriggio tutte le offerte in natura vengono messe al pubblico incanto; si ripete così una tradizione fatta di linguaggi, gestualità e furbizia contadina. Il ricavato dell’asta viene donato alle famiglie bisognose. Poiché offrire l’altare tradizionale è molto costoso, esso può essere sostituito dall’offerta di pane rituale, o dall’usanza de virgineddi cioé nell’invitare ad un pranzo a base di pasta co maccu, frittate e polpettine di verdura di campagna, un gruppo di bambini, sempre in numero dispari; alla fine del pranzo questi ricevono in dono una forma di pane sacro, una bella arancia, un finocchio dolce, una lattuga fresca.

La seconda domenica di  settembre si svolge una seconda Festa dedicata a San Giuseppe, con la rituale processione, gli spettacoli pirotecnici, mostre fotografiche, etnografiche e concerti musicali.

Autore: Maria Grazia Salanitro

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    Categoria: FESTE RELIGIOSE

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