Sagra do Trunzu di Aci ad Acireale

Sagra do Trunzu di Aci ad Acireale (CT) il 5, 6 e 7 luglio 2019. La manifestazione, che si svolge in piazza Peppino Impastato ex piazza Cappuccini, si prefigge di far conoscere ai visitatori dell’hinterland e ai turisti del territorio, le tradizioni culinarie preparate da cuochi esperti con il “trunzu di aci“, riconosciuto prodotto presidio slow food. All’interno della sagra degustazioni di tante pietanze a base di Trunzu: primi piatti ( pasta con trunzu), secondi piatti (salciccia con trunzu) ed insalate di trunzu ed arancini ripieni di trunzu.
Il cavolo trunzu è un cavolo rapa (Brassica oleracea var. gongylodes ) coltivato da sempre nel catanese, in particolare negli orti di Acireale e delle località vicine. È di piccole dimensioni ma è riconoscibile in particolare perché la parte edule, presenta striature violacee, comune a molte a molti ortaggi coltivati nei terreni lavici dell’Etna. Come tutte le crucifere o brassicacee (cavoli, ravanelli, broccoletti, ecc.) contiene molti minerali e vitamine; la ricerca medica attribuisce a questi ortaggi anche una forte azione detossificante importante per prevenire l’insorgere di forme tumorali. Proprietà esaltate dai terreni di particolare qualità e dell’ambiente in cui viene coltivato.
Già dalla prima metà del Novecento il cavolo trunzu (il nome riprende un epiteto con il quale i catanesi prendono in giro gli abitanti di Aci) era protagonista sui mercati ortofrutticoli della vicina città capoluogo. Negli anni Quaranta la coltivazione del cavolo è diminuita, soppiantata da produzioni più redditizie.Nel secondo dopoguerra le aree coltivate vicino alla città di Catania in generale sono diminuite, la città si è allargata a dismisura e si sono moltiplicati i centri commerciali, molti agricoltori sono emigrati al nord oppure in America, altri hanno invece trasferito l’attività nel ragusano. Oggi nell’area storica di produzione gli orti coltivati a cavolo trunzu non raggiungono l’ettaro di superficie, e molte coltivazioni si sono estese anche in altre aree dell’Etna: a Milo, Adrano, e in altri orti della cintura. Il mercato catanese richiede questa specialità ma le tecniche di coltivazione sono cambiate rispetto a settant’anni fa, i cavoli spesso sono eccessivamente spinti con concimi chimici e per questo si ottengono anche tre raccolti l’anno, quando in passato se ne otteneva uno, al massimo due.

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