Festa di San Sebastiano Acireale

Il Santo che “nesci nudu e si cogghi ‘u friddu” compatrono della città di Acireale insieme a Santa Venera, è il messaggero della primavera e anche di quella festa del Re Burlone pronta a colorare il febbraio acese.

San Sebastiano è un santo martire della Chiesa cristiana. I soli documenti storici da cui è possibile ricavare i pochi elementi certi sulla vita del santo sono un breve passo nel commento al salmo 118 di Sant’Ambrogio e la Depositio Manyrum di un cronografo del 354. Sebastiano venne martirizzato sotto Diocleziano poichè il suo zelo per la diffusione della dottrina cristiana unito a quello per l’assistenza ai carcerati e alla sepoltura dei martiri non passarono inosservati e furono sgraditi all’imperatore. Fu condannato a morte mediante il supplizio delle frecce.

La leggenda narra che di notte alcuni cristiani si recarono sul posto per dargli sepoltura. Accortasi che era ancora miracolosamente vivo, una nobildonna di nome Irene lo soccorse e lo accolse nel suo palazzo del Palatino. Riacquistata la salute, anzichè seguire l’invito dei cristiani ad abbandonare Roma per avere salva la vita, egli decise di dichiarare pubblicamente la sua fede in Cristo. Fu ucciso, probabilmente tra la fine del III sec. e l’inizio del IV sec. mediante flagellazione nell’ippodromo del Palatino e il suo corpo gettato in una cloaca.

La festività di San Sebastiano martire, è celebrata dal mondo d’occidente il 20 gennaio e dal mondo orientale il 18 dicembre. E’ molto venerato in Sicilia dove culto del Martire sembra che sia stato introdotto nell’anno 1063 dai Lombardi al seguito di Ruggero I. La devozione a San Sebastiano si accrebbe tra il 1625 e 1630, quando si invocò la sua intercessione per fermare la terribile epidemia di peste che affliggeva l’Isola siciliana. Molte città facevano a gara per festeggiarlo visti i grandi prodigi e le guarigini che avvenivano tramite la sua intercessione e ancora oggi sono molte le città in cui la festività del Santo è molto sentita. Oggi non viene invocato più come protettore contro la peste e le epidemie, ma è il santo patrono della polizia municipale. L’iconografia classica lo raffigura sotto martirio e trafitto dalle frecce legato ad un albero o ad una colonna. La festa più amata dagli acesi si svolge il 20 di gennaio di ogni anno in onore di San Sebastiano. Pur essendo uno dei molti compatroni deputati insieme alla patrona principale Santa Venera ad impetrare la protezione divina sulla città, i festeggiamenti tributati al Santo, espressione di una devozione popolare lunga oltre 450 anni ancora viva e sentita, sono indubbiamente l’evento religioso cittadino più atteso.

Le prime luci mattutine non hanno ancora pienamente illuminato la splendida facciata settecentesca della grande basilica, illustre esempio di barocco siciliano, che la piazza antistante si popola di divoti (devoti) ansiosi di correre verso la cappella dove il Santo è rimasto custodito e celato alla loro vista per tutto l’anno. Momenti strettamente religiosi celebrati dal decano della Basilica hanno interessato i fedeli lungo le settimane precedenti la festa, mentre le Reliquie del Santo sono state accompagnate in forme rigorosamente religiose nei luoghi di dolore e di memoria della città. Messe, funzioni, meditazioni rafforzano una catechesi che volutamente spoglia di sovrastrutture folcloristiche fa comprendere ad attenti fedeli e motivati divoti il profondo senso religioso dell’evento.

Il lungo anno di privazione, offerto come pratica di espiazione penitenziale da una folla di fedeli ormai impazienti di rivedere il loro beniamino si dissolve in un urlo di incontenibile gioia all’apertura della cappella e alla svelata della statua del Santo raffigurato nelle sembianze di un biondo riccioluto fanciullo in atto di ricevere il martirio delle frecce. ‘U rizzareddu (il ricciolino) come affettuosamente viene chiamato il Santo, attorniato dai mille luccichii del settecentesco fercolo e con a lato i due paffuti angioletti che con lieve sforzo sorreggono i bracci argentei dove sono custodite le Reliquie, viene a forza posto con movimenti lenti resi quasi impossibili dalla calca, sopra il pesantissimo baiardo: un affusto di legno munito di quattro ruote retrattili ma fisse. Al grido di: cu tuttu ‘u cori: viva Sammastianu! (con tutto il cuore: viva San Sebastiano!) una quarantina di divoti si tramandano di padre in figlio l’ambito compito di trasportare il baiardo sollevandolo a viva forza ad ogni curva, sovente anche di corsa, lungo un percorso che si snoda per tutta la città.

Attorno a loro altri divoti: donne ed uomini, giovani e vecchi, talvolta anche bambini in braccio ai loro genitori, tutti, come vuole la tradizione, senza scarpe, con i piedi coperti da semplici calze, vestiti della tradizionale divisa con la testa coperta da un fazzoletto, accompagnano insieme a una moltitudine di semplici fedeli il Santo per tutto il giorno. Dopo la spettacolare manovra di uscita dalla Basilica, altre vertiginose corse riempiono la giornata in mezzo a continui scampanii e fuochi d’artificio. A notte inoltrata e dopo aver traversato vie e piazze antiche nelle quali una tradizione lunga secoli di storia ha creato momenti di toccante religiosità, la processione si conclude con un suggestivo rientro in basilica.

Il giorno 27 gennaio, Ottava dei Festeggiamenti in serata Processione con il simulacro di San Sebastiano. Benedizione con le S. Reliquie e chiusura della Cappella.

Autore: Giuseppe Lazzaro Danzuso


Per maggiori informazioni:

www.sansebastianoacireale.com

www.comune.acireale.ct.it

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    Categoria: FESTE RELIGIOSE

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