Festa in onore di San Filippo d’Agira, a Limina. I festeggiamenti si svolgono da sempre nel mese di maggio con la partecipazione di una moltitudine di fedeli provenienti da tutti i paesi vicini.
Festa in onore di San Filippo d’Agira, 11 Maggio Limina (ME). La festa, non ha origini antichissime, tuttavia il suo significato potrebbe risalire a diversi secoli orsono. Per alcuni simboleggerebbe il furto legendario del santo da parte dei liminesi a danno dei casalvetini, abitanti di Casalvecchio Siculo paesino situato nella parte opposta della vallata. Allora vi era la consuetudine che qualora un santo venisse “rubato” o, meglio, “rapito”, diventava proprietà dei “ladri” o, meglio, dei “rapitori”, una volta all’interno della chiesa del paese di questi. Per altri, invece la festa ha un significato meno legendario, si pensa che secoli orsono Passo Murazzo ospitasse una comunità cristiana e che San Filippo vi sia passato, prima di giungere nel paese di Limina.
LA FESTA
La mattina del giorno 11 maggio la statua del santo, che pesa circa 700 Kg, viene portata a spalle, a passo sostenuto e senza soste, sino in località Murazzo, distante dal paese circa 6 Km, dove si svolge un piccolo mercato che con le sue bancarelle multicolori rende ancor più festosa la vallata. Oggi, purtroppo, i campi non sono più sostentamento per la maggior parte delle famiglie, come allora, dunque questa usanza si è persa. Dell’antico mercato rimangono solo le bancarelle di dolciumi, vestiti, giochi per bambini. Una volta giunto sul piazzale antistante il piccolo Santuario, i “portatori” corrono in posizione opposta rispetto alla statua, facendo quindi compiere alla stessa dei movimenti rotatori, in senso orario e in senso antiorario. Alcuni vedono in questa sorta di “balletto”, un legame col Sufismo, corrente filosofico – esoterica dell’islam, altri vedono simbolicamente la benedizione del santo ai suoi fedeli, altri ancora vedono ciò come un atto simbolico di esorcismo. I “Giri” in senso orario richiamerebbero gli angeli, quelli in senso antiorario caccerebbero i demoni all’inferno. Finiti i giri, il santo viene introdotto nel santuario e si da l’avvio a numerose messe. Nel pomeriggiola statua viene ricondotta a Limina, da decenni la salita si percorre un pò a spalle e con l’ausilio di un carrello spinto a braccia. Giunti in paese il santo viene ripreso a spalla e a passo veloce percorre alcune vie, non prima di aver fatto però il famosissimo “a ddutta” (la lotta) che evocava la liberazione dell’isola dai demoni. Questo è un’altro “ballo” e simboleggia la lotta che in vita il santo sostenne contro i demoni. Il santo, a suon di musica, viene fatto procedere di corsa avanti e indietro, senza girare la “Vara” (baldacchino – portantina) di modo che il santo quando va indietro procede “di spalle”.
Giorno 12 maggio si svolge la processione per le vie del paese in ricordo del giorno della sua morte. Oggigiorno la festa è religiosissima, seppur non a carattere penitenziale. Tuttavia non è sempre stata così. Un tempo la processione era di mattina, nel pomeriggio, invece, aveva luogo una tradizione “stroncata”, chiamata in lingua siciliana, nella parlata locale, a ddutta (lotta), anche se più che una lotta era una contesa, che vedeva protagonoste due fazioni, i “Mastri”, artigiani, sarti, ma anche muratori e i “picurara” pecorai, ma vi facevano parte anche altri allevatori di bestiame, contadini e operai. Il santo, posto in una vara più piccola e leggera, veniva conteso da una parte e dall’altra come una sorta di tiro alla fune. In questo disordine, dove parecchi venivano feriti, non si poteva non prevedere il disappunto della Chiesa e delle Forze dell’Ordine, i quali appunto dopo vari tentativi ebbero la meglio su questa secolare tradizione.
L’OTTAVA
Un tempo celebrata il 19 maggio e adesso, per motivi legati al cambio di abitudini, la terza domenica di maggio, è indubbiamente la festa più caratteristica e sentita. La mattina avviene una religiosissima e composta processione col santo posto nella vara che anticamente veniva utilizzata per la ‘ddutta. Nel pomeriggio… ecco la “Rievocazione dei miracoli”, nel senso che si vuole con questa festa imitare le gesta del santo quand’era in vita. I devoti si ritrovano tutti davanti alla Chiesa Madre, dedicata a San Sebastiano martire, nell’attesa che l’orologio segni le ore 17.00. Nel frattempo, devoti giovani e meno giovani, con maglietta rossa recante sul retro la scritta “Cu cchiù beni lu voli, cchiù forti lu chiama… viva San Filippu!!!”, si lanciano in gruppo e di corsa verso la facciata della chiesa, schiantandosi violentemente contro il portone che custodisce la vara con san Filippo, che dal 12 maggio è ospite in questa chiesa. A detta dei devoti, ciò alluderebbe alla lotta del male e del peccato contro il bene, ovvero contro san Filippo; il Santo, sentendosi bersaglio di questi attacchi alla fine, alle ore 17.00, numero che simbolicamente avrebbe a che fare con le teorie sull’esorcismo, uscirebbe trionfando sul male. Ed accade proprio che alle 17.00 allo sparo di un “botto”, le porte della chiesa si spalancano, aperte da altri devoti già all’interno della chiesa, una volta dentro i devoti tutti in brevissimo tempo sollevano sulle loro spalle la vara, su cui è posta la statua del santo, ed escono di corsa fuggendo all’impazzata giù per le scale e poi lungo la via G. Garibaldi, si recano quindi in località Calvario.
Una ripidissima e strettissima stradina sterrata porta a una croce. Giunti con non poche difficoltà a detta croce ecco che ha luogo, per i devoti, uno dei momenti più toccanti di tutta la festa, l’Omaggio del santo alla santa croce. Le aste anteriori della vara che sevono per trasportare a spalle il santo, vengono incastrate alla base circolare dell’obelisco e viene fatto roteare intorno a quest’ultimo a suon di musica per tre volte in senso antiorario e per altrettante volte in senso orario. Così fanno anche molti dei presenti alla manifestazione, dicendo che porta anche bene. Fatto ciò il santo viene portato in un’altra collinetta vicina, dove è stata eretta un’edicola in Suo onore e vengono effettuati i giri. Una volta scesi da Calvario, potete immaginare l’enorme difficoltà di tale momento, il santo ritorna alla strada principale dove il santo viene fatto “ballare” coi giri e l’avanti e indietro. Si prosegue quindi sino in località Durbi, che si trova nella parte opposta del paese, anche qui un’altra collinetta con edicola votiva in onore al santo esorcista. Quindi la statua ritorna di nuovo in paese dove per ore ed ore il santo viene portato per piazze, vie e viuzze fino a tarda serata, quando il santo verrà salutato con un cospicuo sparo di fuochi artificiali. Anticamente, una volta giunto da Durbi in paese, il santo veniva portato nella chiesetta a Lui dedicata, veniva cambiata la vara e si iniziava la seconda parte della ‘ddutta, ai giorni nostri il santo rimane nella stessa vara e viene portato di corsa per le strade e le piazze del paese, deve più volte viene fatto “ballare”, fino a tarda serata, quando un nutrito spettacolo pirotecnico saluterà il Santo, dandogli l’arrivederci al mese di agosto.
Tra Limina e Roccafiorita c’è sempre stato campanilismo e rivalità e tutto sfocia durante i festeggiamenti al santo, venerato in entrambi i paesi. Il Calvario è la parte più alta del paese, sovrasta l’abitato di Limina e da li si possono ammirare numerosissimi campi e il paesino di Roccafiorita. Portarvi il santo, significherebbe quasi una sfida, secondo alcuni. Ma il motivo più importante è il significato cristiano che ha per i cristiani il calvario, luogo delle sofferenze del Cristo. Contrada Durbi invece anticamente era parte della zona ebraica di Limina, Durbi infatti significherebbe in lingua ebraica “terra rossa”, probabilmente perché argillosa. Portarvi il santo, oltre che avere la funzione di fargli benedire i campi nella parte bassa, potrebbe significare anche la vittoria del Cristianesimo sull’Ebraismo.
Il 16 agosto la processione si ripete con modalità simili a quella del 12 Maggio. E’ la più recente delle processioni ed è stata istituita per venire incontro agli emigranti che nel periodo estivo fanno di ritorno al paese.