Carnevale Francavillese

Sfilate del GRAN CARNEVALE FRANCAVILLESE. Tra le manifestazioni di Sicilia dall’effettivo richiamo turistico si annovera il caratteristico Carnevale di Francavilla di Sicilia (ME), un “rituale” che si ripropone puntualmente ogni anno da tempo immemorabile, senza limitarsi ai semplici veglioni danzanti ed alle sfilate di gruppi in maschera e carri allegorici, ormai presenti in qualsivoglia cartellone carnascialesco: a connotare il Carnevale francavillese è, infatti, l’innato istrionismo degli abitanti della ridente cittadina, che sfocia in una dirompente carica di goliardica trasgressività.

Anticamente, ad instaurare in paese l’inconfondibile clima carnascialesco, provvedevano soprattutto alcuni estrosi artigiani militanti nel corpo bandistico locale i quali, nei pomeriggi che precedevano le serate di veglione, sfilavano per le vie del centro storico con costumi e trucchi strampalati ed intonando con i loro strumenti le tipiche “colonne sonore” del Carnevale di Francavilla, sopravvissute a tutt’oggi: “Ci ‘u visti” e la “Fasuledda”, che ancora adesso arrangiata con i ritmi più in voga, costituisce la “sigla finale” dei veglioni danzanti. Musica composta da un giovane e ignoto francavillese) che viene ballata in cerchi seguendo la velocità della musica che va alternandosi. Essi sono anche caratterizzati dalle cosiddette “mmutticedde”, ossia delle “leggere” spinte che le persone ballando in cerchio si danno con la schiena. Caratteristica, perché unica nel suo genere ed ogni anno diversa, è la serata conclusiva con “‘A cianciuta di re Carnalivari” (ovvero “il pianto di re Carnevale”): su di un carro, seguito da “piagnoni” e vedove, da gruppi in maschera che sfilano “piangendo” la fine della festa, si trova re Carnevale che dà l’ultimo saluto con in mano della salsiccia ad indicare che dopo quella sera inizia la quaresima e quindi non si può più mangiare carne.

I veglioni di febbraio hanno da sempre luogo nella centrale via Vittorio Emanuele che si trasforma in una grande balera, dove tutta la popolazione locale, anche quella meno esperta nell’arte della danza, e numerosi visitatori provenienti da tutta la Sicilia Orientale, si riversano per celebrare l’irrinunciabile rito della “trippata” all’aria aperta. E durante quei veglioni, il Carnevale di Francavilla consentiva un tempo alle più irreprensibili donne del luogo di potersi abbandonare, almeno una volta l’anno, ai piaceri della carne: rese anonime da maschere ermetiche, spesso ne approfittavano per instaurare pruriginosi contatti fisici con gli esponenti del sesso opposto, non essendoci a quei tempi per loro altre occasioni di… evasione.

La trasgressione sessuale (ovviamente in forma di spiritosa allusione che ci si sforza di non far mai trascendere nel volgare) è, dunque, l’ingrediente pregnante dei festeggiamenti carnascialeschi di Francavilla. Lo dimostra esplicitamente l’inequivocabile simbologia erotica che accompagna la cerimonia conclusiva, ossia la goliardica pantomima del solenne “funerale” di Re Carnevale”, denominata “‘A Cianciùta”. In tale occasione, lungo il corso principale del paese, vengono fatti sventolare i colorati vessilli del “baccalaro”, della “salsiccia”, delle “provole” e dell’”asso di bastone”, chiaramente allusivi agli attributi intimi di entrambi i sessi. I drappi ed i cartelloni riproducenti tali simboli, fanno da cornice al grande “catafalco”, allestito sul cassone di un camion, dove il fantoccio di Carnevale viene macchiettisticamente “pianto” da uomini vestiti di bianco e con la faccia infarinata (denominati “scunchiudùti”, ovvero “uomini sconclusi”), tra cui si annoverano persino seri ed irreprensibili professionisti del luogo che, in ossequio all’antico motto “semel in anno licet insanire”, fanno anch’essi a gara per tributare le dovute “esequie” al Re Burlone, non mancando di cimentarsi in maccheroniche “orazioni funebri”.

A Francavilla di Sicilia, insomma, il Carnevale conserva a tutt’oggi la sua essenza più autentica, ossia la trasgressione e lo sfogo sessuale in vista del periodo di mortificazioni che avrà inizio, all’indomani, col Mercoledì delle Ceneri, essenza testimoniata dalla stessa etimologia latina del nome: “addio alla carne” (carne vale) o “togliere la carne” (carnem levare).

 

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