RICONOSCIMENTO DELLA DENOMINAZIONE NAZIONALE: |
Il formaggio Cascavaddu ibleo o Caciocavallo Ragusano è riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale siciliano dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. |
TERRITORIO DI PRODUZIONE: |
L’intero territorio della provincia di Ragusa ed i comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini in provincia di Siracusa. |
DESCRIZIONE SINTETICA DEL PRODOTTO: |
Formaggio a pasta filata. Forma a parallelepipedo con angoli smussati. La crosta liscia, sottile e compatta di colore giallo dorato o paglierino che diventa più scuro con l’avanzare della stagionatura; viene cappata con olio di oliva. La pasta è di colore giallo paglierino, compatta. Il sapore è decisamente gradevole, dolce, delicato poco piccante nei primi mesi di stagionatura; tendente al piccante con l’avanzare della stagionatura. Peso variabile da 10 a 16 Kg. |
DESCRIZIONE DELLE METODOLOGIE DI LAVORAZIONE, CONSERVAZIONE E STAGIONATURA: |
Specie/razza: Vacca; Materia prima: Latte intero, crudo; Microflora: Naturale; Caglio: Pasta di agnello e/o capretto; Sistema di alimentazione prevalente: Pascoli naturali dell’altopiano ibleo, ricchi di essenze spontanee, ed anche pascoli coltivati con integrazione in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; Tecniche di lavorazione: Il “Cosacavaddu Rausanu” viene prodotto con tecniche tradizionali. Il latte di una o due mungiture coagula in una tina di legno a 34°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto. La cagliata viene rotta con la “rotula” e si fa spurgare in fiscelle poste su un tavoliere di legno, “mastredda”, dopo circa due ore viene cotta con la scotta a 80°C per circa 105′. Trascorso questo tempo la cagliata viene estratta con le mani e posta nella mastredda a maturare fino al giorno successivo. Prima della filatura la cagliata viene tagliata a fette e posta nello “staccio” e con l’ausilio di un bastone di legno “manovella” e di aggiunta di acqua calda viene lavorata con le mani. La sfera di pasta, ben chiusa dalle mani esperte del casaro, viene deposta nella “mastredda” di legno dove acquisirà la storica forma a parallelepipedo. Il giorno dopo viene immerso in salamoia; Salatura: In salamoia satura per circa 24 ore per un periodo variabile secondo il peso della forma. Denominazioni ricorrenti derivanti da diversi stadi di salatura/stagionatura: Fresco entro 2 mesi. Semi-stagionato fino a 6 mesi. Stagionato oltre 6 mesi. |
MATERIALI E ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER LA PREPARAZIONE E IL CONDIZIONAMENTO: |
Tina di legno, bastone di legno “rotula”, contenitore di rame stagnato di varie dimensioni “iaruozzu”, contenitore di legno “pisaquagniu” (pesa caglio), contenitore in creta per conservare caglio “quagnialuoru”,contenitore di legno per la formatura dei formaggi “mastredda”, piccolo tino di legno o rame stagnato per filare “staccio”, bastone di legno “manovella”, materiale di legno per dare forma al formaggio “muolitu”, tavolette di legno “cugni”, formetta di legno per la marchiatura “marchiu”. Vasche di cemento per la salamoia. Fuoco diretto legna-gas. |
DESCRIZIONE DEI LOCALI DI LAVORAZIONE, CONSERVAZIONE E STAGIONATURA: |
Vengono detti “maizzè”, locali freschi, umidi e ventilati a volte “interrati”, si riscontrano inoltre cantine e grotte naturali con pareti geologicamente naturali dove i formaggi a coppia vengono appesi a “cavallo” di una trave di legno legati con funi di “liama” o corde di “cannu”, di “zammarra” o di cotone. Si riscontrano inoltre impalcature, scaffali ed attrezzi in legno o altro materiale vegetale per la pulizia e la manipolazione del formaggio durante la maturazione e stagionatura. |
ELEMENTI CHE COMPROVINO CHE LE METODOLOGIE SIANO STATE PRATICATE IN MANIERA OMOGENEA E SECONDO REGOLE TRADIZIONALI PER UN PERIODO NON INFERIORE AI 25 ANNI: |
Storicamente denominato caciocavallo ragusano è uno dei formaggi più antichi dell’isola e si pensa che il nome derivi dall’asciugatura (“a cavaddu”) di un’asse, che dal nome della zona di produzione (Ragusa). Questo formaggio dal sapore amabile e peculiare è stato soggetto sin dal XIV secolo di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Già nel 1515 Carmelo Trasselli in “Ferdinando il Cattolico e Carlo V” racconta di una “esenzione dai dazi” anche per il caciocavallo ragusano e pertanto già oggetto di notevole commercio. Ancora il Trasselli in “Note sui Ragusei in Sicilia” riporta documenti del “Notaio Gaetano, F.106” che riferisce ancora del commercio via nave del caciocavallo. Nell’opera dell’abate Paolo Balsamo risalente al 1808 veniva sottolineato “la bontà dei bestiami di Modica” e i “prodotti di cacio e ricotta, superiori di cinquanta per cento ai comuni, e di venticinque per cento ai migliori di Sicilia”. Ed ancora Filippo Garofalo nel 1856 cita la fama e la squisitezza dei caci e delle ricotte del ragusano. Riferimenti storici:
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